“Morte di un matematico napoletano” è l’opera cinematografica del 1992 targata Mario Martone che descrive la vita e le sfaccettature psicologiche di Renato Caccioppoli, o meglio ‘o prufessore’, come soleva chiamarlo la gente negli anni ’30. In concorso alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nel 1992, ha vinto nel 1993 un Nastro D’Argento e un David di Donatello entrambi a Martone come Miglior Regista Esordiente.
I premi a Mario Martone sono stati dettati dalla sua particolare bravura nel delineare il profilo psicologico e politologico-sociale di Renato Caccioppoli, un personaggio di non semplice trasposizione cinematografica per la sua complessità caratteriale.
Renato Caccioppoli nacque nel 1904 a Napoli da Giuseppe, chirurgo napoletano, e Sofia Bakunina, figlia del rivoluzionario russo Michail Bakunin. Sua zia, Maria Bakunina, era insegnante di chimica. Dopo aver conseguito la maturità classica, si iscrisse alla facoltà di Ingegneria ma passò successivamente a quella di Matematica. Si laureò a soli 21 anni e dal 1934 iniziò ad insegnare all’Università di Napoli. Cominciò con la cattedra di Teoria dei gruppi, poi Analisi Superiore ed infine Analisi Matematica.
Caccioppoli faceva parte dei salotti letterari napoletani insieme a personaggi del calibro di La Capria, Patroni Griffi, Prunas, la Ortese, Francesca Spada. Amava discutere di musica, cinema, letteratura e poesia, in particolare quella bohemien di Rimbaud e Baudelaire. Era un egocentrico e un polemista, un cosmopolita e amante delle culture mitteleuropee, la Russia scorreva nel suo sangue ma amava molto anche la Francia. Usava l’ironia e il sarcasmo come forma di ribellione a leggi che non riteneva giuste, adottava un comportamento a metà tra l’assurdo e il comico per rifiutare compromessi e regole per lui insulse. Lo si poteva vedere passeggiare per Via Toledo con un gallo al guinzaglio per deridere la norma che vietava di portare in giro i cani di piccola taglia o suonare la Marsigliese durante cene in ristoranti eleganti per inneggiare la Francia. I suoi comportamenti furono considerati psicotici, causati da patologie psichiche probabilmente legati ai suoi ferventi studi di matematica e così la famiglia, anche per evitare ulteriori conseguenze negative legate alla sua condotta insensata e ribelle, ne autorizzò le cure in una clinica psichiatrica. Fu proprio nella casa di cura che scrisse i suoi migliori lavori: analisi funzionali, calcolo delle variazioni, equazioni differenziali, equazioni ellittiche, teoria della misura. Nel 1939 sposò Sara Mancuso e si avvicinò al Partito Comunista. Nel 1953 fu insignito del Premio Nazionale di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali ma pochi anni dopo, con la morte della madre, l’abbandono da parte della moglie che si unì al partigiano Mario Alicata e in seguito anche all’appannarsi del suo genio matematico, cadde in una depressione che sfociò nel suicidio l’8 maggio 1959 con un colpo di pistola alla testa nella sua casa di Palazzo Cellammare, a Napoli.
Guardiamo questa clip del film in cui il regista sottolinea il preludio della morte del protagonista.